Anche il Jazz è Avventura
A Me piace il Jazz, ma non so il
perché. Ho provato a trovare una risposta sensata a questa domanda,
ma la mia conoscenza di questo genere musicale, che è un mondo, tra diverse
correnti e sottogeneri, non è sufficiente a darmi una spiegazione. Questo universo in effetti raccoglie 100 anni di storia della musica Afroamericana, e
la mia ignoranza non mi aiuta certamente in questa impresa…
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Beppe Di Benedetto in un solo @Shakespeare Café ©Roberto Ugolotti Photography |
Allora ho pensato di chiedere aiuto ad un mio
amico fraterno, Beppe Di Benedetto. Oltre ad essere un mio caro amico, cosa già
di per sé stessa importante (per me), Beppe è uno dei musicisti professionisti
Jazz più importanti d’Italia e comincia ad essere apprezzato, conosciuto anche in Europa ed evidentemente ne sa a pacchi.
È bello chiacchierare con Beppe,
un po’ di tutto, ci troviamo sempre a parlare volentieri e normalmente siamo
senza limiti, così ci ritroviamo a fare le 4:00 del mattino senza nemmeno
accorgercene, ascoltando musica e confrontandoci su qualsiasi argomento. Anche
stavolta è andata così. La cosa bella di Beppe è che ti spiega le cose con una
semplicità che ti rendi conto di essere di fronte ad un grande professionista
ed una grande persona, e tutto ti è improvvisamente chiaro, anche se tu non ci
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Beppe Di Benedetto |
avevi minimamente pensato. Non ti senti in difetto però, ti senti accolto. A mio
avviso questo è meraviglioso. Mi stupisco sempre e volentieri di fronte alla
sua cultura e alla sua semplicità.
Ma torniamo a noi “e qui ti
volevamo caro” “eccomi, eccomi” Dunque ho chiesto a Beppe perché mi piace il
Jazz e lui non mi ha risposto, mi ha fatto delle domande. E’ un rivoluzionario,
mi ribalta anche l’“intervista”…
Dai quesiti che mi ha posto è
uscito questo.
A me piace il Jazz perché dipende
dalla mia forma mentis, la musica
tutta mi da’ degli stimoli, mi provoca gioia, benessere, mi piace qualcosa che
tocca 3 zone di me: la pancia, sede
delle emozioni istintive, zona adibita alla ritmica e perciò di rimando all’Africa,
e per forza nel mio caso “e però non te la tirare, vai avanti!” “ok”; il cuore, sede delle emozioni sublimi,
quelle più pure, i sentimenti di ognuno di noi; e la mente, sede del razionale, la parte intellettiva, melodica, la
parte più Europea, che codifica la profondità della bellezza del sentire e
toccare la musica. Nel Jazz coesistono studio e improvvisazione, cioè
composizione del brano e creazione di qualcosa che non c’è, che quindi mi
affascina e mi attira.
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Beppe Di Benedetto durante un solo |
Mi piace il linguaggio, diretto
ed immediato come solo la forma d’arte sa smuoverti. In questo caso la musica d’arte,
razionale, certamente, ma istintiva allo stesso tempo, una vibrazione che ti
colpisce per forza. Beppe mi spiega in parole molto semplici ovviamente, che
lui cerca sempre di fare un discorso, sia nel solo (l’improvvisazione), sia nella scrittura o composizione di un
brano: esistono 12 note, suonabili su tutti gli accordi, che compongono le
frasi di senso compiuto e rendono un discorso chiaro, trasmettendo un punto di
vista. Affascinante non credete?
Volontà di ascoltare e curiosità
in generale mi rendono pronto, presto perciò attenzione ed incredibilmente,
senza avere nessuna nozione musicale di Jazz, anche se sono stato un
percussionista per 10 anni, mi rendo conto se quel solo ha qualcosa di speciale e quindi applaudo durante una jam session
Mi informo, faccio domande,
chiedo spiegazioni anche se prediligo qualche tipo e meno degli altri, non mi
fermo e cerco di capire il più possibile. Beppe ascolta moltissima musica, ma
anche a lui un certo tipo di Jazz non piace.
Ho la predisposizione giusta e
sono anche nel posto giusto al momento giusto, aggiungo anche con le persone
giuste, perciò la mia esperienza musicale è piacevole.
Devo dire che preferisco
ascoltare il Jazz dal vivo, C’è un suono più immediato, senza microfoni il
suono è vero, si può sentire la magia del contrabbasso o del pianoforte, la
batteria rende tutte le sue sfumature sonore, anche le più nascoste, i fiati
non sono compressi e una dinamica che mi fermo sempre ad osservare è il gesto
del musicista, come questo riesce ad ottenere quel suono o serie di suoni con
quel preciso gesto, come su uno stesso strumento in una jam session due musicisti di stesso livello abbiano un colore e un
calore differenti. Ed è immediato, non occorre essere degli esperti credetemi!
Con Beppe abbiamo parlato della
rinascita di questo genere a Parma, c’è un bel ritorno forse complice anche la
mai troppo citata crisi economica, la gente si rivolge volentieri ad un suono
genuino e molto fisico, come la dinamica che vi descrivevo prima, un ritorno
alle sue origini popolari, in fondo il Jazz è nato nel ghetto e per la gente.
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Il circolo ARCI Zerbini |
Non c’è ancora molto spazio,
ma negli ultimi 10 anni si è ripreso, è un cuneo che si sta allargando grazie
ad alcuni festivals come Parma Jazz Frontiere, Rassegne di Jazz, locali
notturni. Tra questi, intelligentemente alcuni hanno capito che la musica è un
valore. Dando l’opportunità alla gente di ascoltare della buona musica, danno a
sé stessi l’opportunità di guadagnare e di far guadagnare i musicisti, che sono
persone che contribuiscono alla società come gli altri, è una rete, o come mi
piace dire un network, siamo tutti legati. Lo sostengo da anni peraltro. Uno di
questi locali dove amo andare ad ascoltare del buon Jazz è il circolo ARCI
Zerbini, in via Bixio. Un locale molto bello ed accogliente, con della gran
bella gente che ogni martedì sera dalle 22 organizza concerti Jazz con a
seguire un’immancabile jam session. L’ambiente
è molto easy, è un circolo ARCI e ci vuole la tessera, il cibo è buono (si può
anche cenare) e puoi bere senza spendere un capitale: buoni vini e buoni super
alcolici. Ad organizzare la serata sono stati due ragazzi giovani: Giacomo
Marzi di anni 26 e Leonardo Caligiuri di anni 22. Incredibile vero? Ma
smettiamola, i ragazzi hanno voglia di fare e lo fanno anche bene, diamine! 3
anni fa hanno cominciato a chiamare gente a suonare ed insieme ai gestori del
locale hanno fatto una serata fissa che funziona parecchio bene, direi. Ci sono
sempre tanti musicisti, quasi tutti amici miei, e c’è una energia e uno scambio
notevoli, io vi consiglierei di farci un salto, è sempre molto piacevole.
Ho chiesto a Beppe di parlarmi
del suo nuovo progetto, il nuovo disco. E lui mi ha parlato della sua vita. 43
anni di vita vera, sia della parte compositiva, della tecnica compositiva,
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"See The Sky" Primo disco del Beppe Di Benedetto Quintet |
delle esperienze in giro per l'Italia con il precedente progetto “See the Sky” con il Beppe Di Benedetto 5tet nei clubs, rassegne, festivals. Sono passati
3 anni dall’uscita di “See the Sky”,
3 anni di incontri, di confronto su tanti argomenti, problemi, soddisfazioni e
insoddisfazioni. Beppe è uno curioso del mondo, uno che ha voglia di cambiare,
e il cambiamento è evoluzione (Poche idee, ma ben confuse. Pensieri e riflessioni a casaccio: IL CAMBIAMENTO è EVOLUZIONE)
, uno che non si ferma, che
riflette e si interroga e questo nuovo disco il cui titolo è “Another Point of View”. E qui cito le sue
parole: “è un percorso narrativo fatto con la musica, ha un valore aggiunto, un
discorso di senso compiuto che lega i brani tra loro, ognuno di essi parla di
un argomento, è diverso.” Beppe mi dice che si è ascoltato molto e ha sentito l’esigenza
di esprimersi in questa nuova modalità, anche grazie ad un amico comune, il pittore
Otello G. Pagano, con il quale ha scoperto aspetti della storia dell’arte
pittorica che lo hanno molto affascinato, perciò ha sentito l’esigenza di
cambiare se stesso, senza stravolgersi, ma evolvendosi. Mi spiega che quasi
tutta la musica è composta di forme che si ripetono, beh lui ha deciso di
rompere il discorso delle forme, i brani sono in divenire, senza ripetizioni, bensì
in continua trasformazione, le soluzioni armoniche, melodiche e d’arrangiamento
sono lontane dalle forme prestabilite, la composizione è scrivere come sei,
quello che pensi, come lo pensi e costituisce per lui una liberazione, esprime
una necessità ed un percorso. E’ un altro tipo di progettualità.
Non può che trovarmi
assolutamente in linea con il suo pensiero.
Un contributo sostanziale alla
realizzazione del disco è stato dato dalla sua compagna, Inga, meravigliosa
donna del Nord Europa, con la quale scherziamo sempre. Lei è stata il perno
della creatività di Beppe, noi tutti gliene siamo grati.
Beppe mi parla con entusiasmo dei
brani e la luce che gli brilla negli occhi non può che rendermi felice “è un
altro punto di vista nel fare le cose, fare le cose in cui credo, che sono
quelle meno facili e che la società ci dice che non vanno fatte. E’ una
rivoluzione interiore che si esprime in un cambiamento, in un’altra
possibilità. Non sempre il diverso deve far scomparire il normale, senza
rottura perciò, ma evoluzione” questi concetti mi sono vagamente familiari, chi
lo sa il perché… si addentra nei brani, My
Bright Place, dove esprime le cose che gli piacciono della vita, semplici
ma non scontate, il gusto di andare a cercarle; Dark soul, dove descrive i momenti bui, tristi ossessivi; Camaleonte, il più sperimentale, con
criteri musicali diversi dal solito, come persone che non si ritrovano nella
società e provano lamento e rabbia ad un certo punto e Space Time Travel che descrive il processo creativo.
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Beppe Di Benedetto 5tet: Luca Savazzi, Emiliano Vernizzi, Stefano Carrara, Beppe Di Benedetto e Michele Morari ©FotoManganelli |
Luca Savazzi è
il pianista del 5tet e altra “testa”compositiva e non solo, ha una testa di
riccioli invidiabile! Anche lui è un amico…e ha scritto Autumn, che descrive le grigie giornate autunnali; Medium Density, il lato più sottile,
leggero della vita; e D&B (Drum
and Bass) il lato più di pancia dell’uomo. Gli altri componenti del 5tet sono Emiliano Vernizzi ai saxofoni, Stefano Carrara al
contrabbasso e Michele Morari alla batteria, insieme tutti sono molto
diversi tra loro, ma molto uniti. Anche loro sono amici “e basta però non te la
tirare!” ”eh va beh sono fortunato, lasciami gongolare nella mia fortuna!”
Anche la produzione del disco è una
rivoluzione, in un momento in cui la crisi del mercato discografico rende le
case discografiche senza più molti soldi da investire, i musicisti si rivolgono
ad un altro modo per realizzare i loro lavori: Il CROWDFUNFING, metodo molto
diffuso soprattutto negli Stati Uniti non solo in questo ambito, dove ogni
cittadino liberamente decide se e quanto investire economicamente per contribuire
alla registrazione, produzione e distribuzione del disco. Loro lo hanno fatto
tramite MUSIC RAISER
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Music Raiser LOGO |
e la risposta è stata molto positiva, un’indicazione di
fiducia nelle loro capacità da parte di molte persone, un contributo morale ed
economico notevole, un altro modo di vedere le cose. Another Point of View.